26 Settembre 2023
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Le recenti dichiarazioni di Angelino Alfano sulle ‘unioni civili’ sono state a dir poco raccapriccianti. Esse hanno pienamente dimostrato come l’attuale classe politica sia indegna del proprio ruolo, come sia composta da personaggi impreparati e inqualificabili, come non esista più alcuna vera selezione nel decidere chi, nel nostro Paese, sia effettivamente degno di intraprendere un ‘cursus honorum’ che, per lo meno, non arrechi danni civici alla collettività. Dalla cultura illuminista siamo stati abituati a considerare il termine laico soprattutto in riferimento allo Stato. Ma questa parola, in verità, proviene dalla cultura religiosa dell’antica Grecia e possiede un’origine spirituale, non empirica. In teologia, per esempio, ancora oggi i laici sono coloro che non hanno preso i ‘voti’, cioè che non sono né preti, né suore, né frati. Alla radice della nostra pesante stagnazione economica vi è una specifica arretratezza culturale e di strumenti, una crisi di produttività e una più o meno consapevole acquiescenza della nostra classe politica, la quale, in tale arretratezza, ci si è sempre trovata benissimo. Alla luce della clamorosa vicenda del senatore Luigi Lusi e in occasione del ventennale dell’inchiesta di Tangentopoli, che cade proprio in questi giorni, appare quanto mai opportuno proporre una serie di ragionamenti nel merito dei delicatissimi meccanismi giuridici che delimitano, o che dovrebbero delimitare, vicendevolmente, il potere politico e quello giudiziario. |