6 Febbraio 2025
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Lo spagnolismo del titolo, incistato nell’idioma partenopeo dal quale proviene, già di per sé rende l’idea di come questo lavoro rappresenti un viaggio interiore tra i meandri infernali di terribili traumi vissuti nell’infanzia. Sotto la grotta si nascondono, infatti, i segreti inaccettabili per la morale dominante, le cose di cui si preferisce non sapere, non conoscere, non capire, i momenti di violenza psicologica, prima ancora che fisica, che si continuano ipocritamente a rifiutare. Emma aspettava, nel fondo della sua anima, un principe azzurro “beddu beddu” come Amedeo Nazzari in ‘Le notti di Cabiria’, alla fine troverà Antonio Ficara, un poco più basso di lei, stempiato, impiegato delle poste, ma almeno “viene dalla città e sa parlare corretto”. “Schizzata” è un lamento disperato di dolore e rabbia che Chiara – la protagonista – urla, nel suo monologo, a squarciagola, nel tentativo di comprendere, metabolizzare e alleviare le sue pene. La storia, percorsa a ritroso, ci offre lo spettacolo di una giovane donna al culmine della follia: costretta a prostituirsi e violentata (soprattutto nell’anima) dal suo uomo diventato carnefice, comprende che la sua vita è irrimediabilmente sfregiata. Quella di Alfonsina Storni è stata un'esistenza vissuta intensamente: trasfusa in versi strappati all'osservazione del quotidiano. Uno sguardo lucido, tenace, mai ipocrita. Anche di fronte alla devastazione di un male incurabile sul quale l'unica forma di controllo è, forse, il poter decidere quando lasciarsi andare alla morte. |